"E li chiamano ancora assistenti..."
E' il titolo di un articoletto apparso sul sito studenti.it, e se si riesce ad andare oltre lo stile populista con cui e' scritto si trova qualche spunto di riflessione.
Prima di tutto, senza il ricorso sistematico allo pseudo volontariato l'univerista' si fermerebbe. La commissione d'esame di cui faccio parte io e' composta da tre persone che lavorano nell'universita' (due professori ed un ricercatore) coaudivati da uno stuolo di dottorandi (5 o 6,di cui faccio parte). In pratica senza la nostra forza-volontariato (che dire forza lavoro non ha senso) per fare gli esami ci vorrebbe un tempo infinito: con noi si fanno in un solo giorno.
Non che mi lamenti: saranno cinque o sei gironi all'anno, e mi permettono di scrivere sul curriculum che sono "cultore della materia" e soprattutto a tenermi nell'orbita dell'universita'. Ed e' qui, nella seconda parte della frase, che arrivano i dolori.
Perche' questo volontariato non e' volontariato, ma il primo tassello di un accordo tacito e non limpidissimo.
La soluzione? Semplicissima.
Vietare che la'attivita' di "cultore della materia" possa essere prestata a titolo gratuito. Vietarlo, e prevedere un gettone minimo che renda questa attivita' simile ad un lavoro occasionale. Dargli la dignita' di lavoro. Bastano 50 euro al giorno.
Quanto vale rendere le cose trasparenti?