domenica 10 settembre 2006

Lettera a "Italians"

Francesco, esimio contributor dell'osteria, ha scritto questa lettera al forum del Corriere.
La voleva postare anche sul blog, ma ha scoperto che questo blog in Cina e' censurato. Che bello, da oggi posso raccontare di essere stato censurato dai comunisti.

"Caro Beppe, cari Italians,
la parola Cina pronunciata all'orecchio di un italiano è spesso sinonimo di minaccia. Chi l'ascolta assume un'aria mista di paura (per la concorrenza economica) e di superiorità (per le pratiche di lavoro discutibili o la scarsa democrazia). Ma basta metterci un piede, in Cina, per capire che questo Paese è soprattutto un'opportunità enorme. 1,3 miliardi di cinesi stanno cominciando a consumare, e quando lo faranno sul serio sarà bene essere presenti. Semplicemente e pragmaticamente.
I nostri vicini lo hanno già capito, e infatti le strade di Pechino e Shangai sono piene di Volkswagen e Citroen. Fiat non se ne vedono. Scooter sì, e anche tanti, ma Vespa neanche una. McDonald's e Starbucks quanti ne vuoi, ma a Pechino non ho visto un ristorante italiano (non mi era mai capitato in nessuna capitale del mondo). Businessmen americani affollano i ristoranti alla moda di Shangai, mentre gli italiani in pantaloni corti fotografano i guerrieri di terracotta e si arrampicano sulla muraglia. Però l'Italia è conosciuta ed è anche simpatica. Gucci, Armani, Zegna e Ferragamo sono sbarcati nelle boutique dei ricchi, anche se poi sono contraffatti ad arte nei mercati poveri. Un discreto numero di maglie azzurre, della nostra nazionale, camminano sui marciapiedi delle grandi città. E quando rispondo «italian» a qualche locale, immancabilmente sorride e comincia «ah ciao bello, cappuccino?», oppure «football, n.1». Non è molto, ma è un inizio.
Ora tocca a noi, soprattutto tocca ai nostri imprenditori. Facciamo innamorare la Cina, come già abbiamo fatto con gli Usa e con molti altri Paesi nel mondo, e ci potremo scordare la crisi economica per un bel po' di anni.
"