Chiamato "the punisher" per i suoi formidabili attacchi da fondocampo, oggi lascia uno dei più grandi campioni che abbiano mai calcato i campi dell'ATP.
Oggi Andre Agassi si è arreso per sempre al nemico più inesorabile, quello con cui puoi solo cercare di prolungare la partita: ancora più di "Pistol" Pete Sampras, il tempo e gli acciacchi fisici sono stati un avversario inesorabile.
Ma se ne va con la testa alta, e con l'interminabile standng ovation di più di ventimila sportivi commossi, e fino all'inverosimile.
Perché Andre è stato capace di scatenare tutta questa passione che anche, soprattutto, negli ultimi anni l'ha circondato?
Per una formidabile alchimia.
Perché ha giocato un tennis entusiasmante.
Perché è caduto e risuscitato.
Perché nel tempo è passato da rock star del tennis a esempio di vita.
Non per uno di questi motivi Andre è così amato, ma per tutti e tre insieme.
Dotato di una risposta sbalorditiva e di colpi da fondo imprevedibili, Agassi non è mai stato un giocatore completo: mancava di gioco a rete, e la battuta era poco più che nella media. Secondo il Boston Globe Andre non sarà ricordato come il miglior giocatore della storia, anzi, "neanche come il miglior giocatore della famiglia" (che è Steffi Graf). Ma ha vinto tutti i tornei dello Slam, unico a farlo nei tempi moderni cioé da quando si giocano su 4 superfici diverse. A Pete è sempre mancata Parigi.
Secondo Mats Wilander Andre Agassi è amato perché la sua storia tennistica ricorda la vita, con promesse, cadute, risurrezione e gloria. La vita che tutti vorremmo vivere insomma. Passato da numero 1 a 144, ha passato anni di crisi personale e tennistica. Ma è tornato a vincere tornei e a dominare la classifica ATP nel 1999, rinanscendo quando nessuno lo credeva possibile.
E poi la sua attività filantropica, soprattutto al servizio dei ragazzi sbandati di Las Vegas.
Oggi, battuto da uno sconosciuto dal nome celeberrimo (B.Becker) al terzo turno degli US Open esce di scena Andre Agassi, dopo aver fatto sognare tre generazioni di appassionati. Qui all'osteria è standing ovation.
Grazie Andre.