Il dibattito italiano sulle pensioni e’ nel suo momento piu’ caldo, ma lo scontro politico e il dibattito mediatico si incentrano su temi francamente irrelevanti, come il famoso scalone.
Cerchiamo di riordinare le idee, per chiedere ai nostri politici che discutano delle cose realmente importanti per il paese.
Il sistema pensionistico italiano ha due grandi problemi da risolvere:
1. le pensioni di una larga fascia di pensionati sono troppo basse, e spesso non garantiscono una sopravvivenza tranquilla e dignitosa
2. anche con questo livello di pensioni, il sistema non e’ finanziariamente sostenibile e tutti noi rischiamo di rimanere senza pensione.
Sul punto numero uno, governo e sindacati si sono accordati, sembra con reciproca soddisfazione, aumentando le minime a circa 3.5 milioni di pensionati. I soldi li hanno trovati nel tesoretto, che a questo punto speriamo proprio sia strutturale...
E veniamo al secondo punto, l’insostenibilita’ finanziaria. Nel nostro sistema i lavoratori attuali pagano direttamente, attraverso i contributi mensili dalla loro busta paga, le pensioni dei pensionati (che a loro volta cosi’ hanno fatto per tutta la vita lavorativa). Siccome pero’ ci sono sempre meno giovani che pagano e piu’ anziani che ricevono, i contributi a carico dei lavoratori stanno diventando insostenibili. Si calcola che il tasso di equilibrio, cioe’ il contributo che ogni lavoratore dovrebbe versare perche’ tutte le pensioni siano pagate senza alcun intervento dello stato, sia intorno al 45% dello stipendio lordo (e peggiorera’ col tempo). In altre parole la meta’ della busta paga dovrebbe andare solo a contributi pensionistici. Nella realta’ lo Stato chiede un po’ meno, e mette la differenza alzando le tasse alla collettivita’ (tasse che pero’ sono gia’ le piu’ alte d’Europa).
Come se ne esce quindi? Ovviamente bisogna alzare l’eta’ pensionabile, come stanno facendo tutti gli altri paesi sviluppati e solo da noi si mette in discussione (oggi un cinquantasettenne che va in pensione puo’, per fortuna, sperare di vivere altri 25 anni, non altri 10 come quando il sistema fu creato). Poi, appunto, bisogna adeguare i pagamenti alle nuove aspettative di vita: per essere chiari, se la vita da pensionato e’ piu’ lunga e i soldi a disposizone sono gli stessi (in realta’ sono anche di meno) la pensione mensile deve essere piu’ bassa. Terzo, ma importantissimo, bisogna puntare sullo sviluppo delle pensioni integrative (private), che diano una somma aggiuntiva al pensionato per coprire la perdita di una parte della pensione pubblica.
Invece noi continuiamo a discutere di scalone, cioe’ di rendere ai cinquasettenni di oggi la tansizione ai 60 anni di eta’ pensionabile meno dolorosa. Problema che esiste, ci mancherebbe, ma che e’ anche abbastanza marginale. Non dovremmo pensare anche ai ventenni, ai quarantenni e ai settantenni?